Il termine indica la formazione di crateri superficiali dovuti all’espulsione di piccoli coni di diametro variabile, costituiti dallo strato indurente e da porzioni di calcestruzzo più o meno profonde contenenti l’aggregato.
- Pop-out piccolo, con fori fino a 10 mm
- Pop-out medio, con fori compresi tra i 10 e i 50 mm
- Pop-out grande, con fori maggiori di 50 mm
Tale fenomeno può essere causato dalla reattività di minerali, presenti negli aggregati utilizzati per la produzione del calcestruzzo, con gli alcali del cemento, dalla presenza di piccole quantità di materia organica ( per esempio pezzetti di legno), e da un aggregato “gelivo” che rigonfia a causa della instabilità dimensionale dell’aggregato stesso.
Tali fenomeni, soprattutto la presenza di piccoli materiali o minerali reattivi, sono spesso difficilmente individuabili in tempo utile anche con sofisticate prove di laboratorio. Difatti buona parte delle regioni italiane hanno aggregati utilizzati per la produzione del calcestruzzo con elevata presenza di minerali reattivi.
Inoltre ci sono anche cause fisiche che possono procurare variazioni temporanee o permanenti del volume di un inerte e sono essenzialmente i cicli di gelo e disgelo.
Questi inconvenienti, spiacevoli e talvolta molto costosi per la ditta costruttrice, sono evitabili trattando la superficie con specifici silicati di sodio modificati, capaci di penetrare in profondità nel calcestruzzo e produrre nei pori del calcestruzzo un gel espansivo che nell’arco di 5 settimane si trasforma in sostanza vetrosa che contrasta sia l’azione del gelo che l’eventuale sviluppo della reazione degli aggregati qualora presenti.
Inoltre è possibile anche riparare la superficie tramite un’attenta valutazione della stessa e dopo particolari accorgimenti applicare una specifica malta cementizia con eccezionale capacità di adesione applicabile anche a basso spessore ed evita nei casi più gravi dover demolire la superficie.